I cantastorie di Favale e il loro ambito famigliare
saranno i protagonisti di una nuova esperienza, questa segnerà profondamente
le loro scelte culturali successive e modificherà i rapporti all’interno
della collettività di Favale di Malvaro.
Nel 1849, in Genova, Cereghino Andrea, per
grazia del Signore Iddio ebbe la S. Bibbia, la portava a Favale, la leggemmo
giorno e notte, con viva attenzione. La scintilla divina penetrò
nei cuori dei vecchi nostri genitori, dei loro figlioli e nuore, dei numerosi
nipotini, ed altri (22).
Così inizia un documento prezioso per
la ricostruzione degli eventi, si tratta di un Sunto Storico, di una memoria
scritta da Stefano Cereghino il 27 luglio del 1898, a quel tempo pastore
evangelico della piccola comunità protestante di Favale.
Per le loro canzoni i Cereghino avevano
bisogno di trovare qualche nuovo argomento, per cui sorse in loro il desiderio
di avere una Bibbia. In quel tempo non era facile trovarla. Il loro parroco
non era disposto a procurargliela (23).
Sino a quel momento la partecipazione alla
vita religiosa dei Cereghino era totale, praticanti e cantori durante le
funzioni, ma con questa richiesta iniziò una contesa col parroco
d’allora: il Don Cristoforo Repetti.
Era proprio in Chiesa che maturava la loro
attenzione verso i testi sacri, ascoltavano con attenzione le letture del
Vangelo, del Vecchio e Nuovo Testamento, ma non potevano leggere direttamente
la Bibbia, il parroco era stato categorico su questo divieto.
Stefano Cereghino con Andrea e Giovanni, i
più attivi della famiglia, si mettono tenacemente alla ricerca della
Sacra Scrittura e vengono a conoscenza della disponibilità del testo
a Santa Margherita Ligure; era la traduzione del Martini, ma eccessivamente
costosa per loro.
(22) Archivio
Tavola Valdese. Sunto storico. Pagina uno, punto 1°.
(23) Paolo
Sanfilippo. La chiesa Evangelica Valdese di Favale (1849-1919). Edizione
a cura della Federazione delle Chiese Evangeliche in Liguria, Genova
1979. Pag. 4.
Nei loro percorsi avevano parlato del problema
con altri sacerdoti, trovando posizioni ben diverse dal tenace parroco
di Favale, ed erano stati informati della disponibilità di una Bibbia
a basso prezzo presso una libreria in Piazza San Luca, a Genova. I Cereghino
acquistarono così un’edizione nella traduzione del Diodati, iniziando
in modo sistematico a leggere il testo nella loro casa di Castello, il
parroco disse in modo perentorio di cessare le letture, i Cereghino ubbidirono.
Questa fu una decisione presa a malincuore,
non erano convinti della giustezza del provvedimento adottato da Don Repetti,
iniziarono così a chiedere nuove spiegazioni ad altri sacerdoti.
…riprese lo scontro col parroco, il quale convocò
gli anziani della famiglia in Chiesa per confermare il suo assoluto divieto.
Giobatta Cereghino si recò preso la
parrocchia accompagnato dalla moglie, il dialogo con Don Repetti non fu
per nulla sereno; il Cereghino manifestò la sua fermezza a non
concedere quello che gli si chiedeva: giurare innanzi al crocefisso di
scacciare di casa il figlio Stefano e di non permettere ma più in
famiglia la lettura della Bibbia, di qualunque traduzione essa fosse
(24).
La situazione si faceva difficile, i Cereghino
erano sconcertati dall’atteggiamento del sacerdote, il loro parroco e la
situazione rischiavano di prendere svolte indesiderate, forse Don Repetti
era esagerato: Il parroco di Favale è normalmente eccessivo ed
indiscreto: esige da tutti ciò che da tutti non può ottenere,
è inopportuno, caustico, provocante.. (25).
Così scriveva il Rettore di Rapallo
Stefano Zerega al Vicario capitolare della diocesi, la massima istituzione
del territorio si interessava al parroco di Favale e ne raccoglieva informazioni,
arrivò persino una lettera denuncia con molte firme di cittadini
preoccupati per l’intransigenza del parroco accusandolo di alterazioni,
scandali, tumulti, diffidenza, niun profitto spirituale, anzi il massimo
danno (26).
(24) Ibidem.
Pag. 5
(25) Archivio
della Diocesi di Chiavari. Favale: lettera di Angelo Zerega, 27 ottobre
1852. Ampio studio su i carteggi relativi alla vicenda in Marco Porcella,
La fatica e la Merica. Sagep, Genova 1986. Pag. 63-97.
(26) Archivio
Diocesi di Chiavari. Lettera esposto. Non è riportata la data, nell’opera
citata di Porcella la indica presumibilmente edita nel febbraio 1847.
In questo clima il problema dei Cereghino arrivò
ad una svolta: nella primavera del 1852, io partiva col mio violino,
ed un piccolo N. T. (Nuovo Testamento. N.d.A.) in tasca,
e fatto il giro della Liguria fino a Nizza, per il colle di Tenda, penetrai
in Piemonte – a Pinerolo, a Torre Pellice...Sentiva per la prima volta,
la voce di un pastore evangelico; col quale la domenica 27 giugno
ebbi un indimenticabile lezione evangelica (27).
Ormai la rottura tra Cereghino e Parroco era
inevitabile, si tentò un ultimo incontro in canonica durante una
missione: fu fatto venire 5 barbuti e pingui cappuccini, per combattere
l’eresia Valdese. Si poté avere una privata discussione in
canonica, ove eravamo 9 evangelici e 12 tonsurati. Il combattimento fu
energico, e durò circa 5 ore di notte la vittoria fu dei Cereghino,
che lasciarono per sempre la religione papale (28).
Questo passo del Sunto Storico mette in evidenza due punti fondamentali
per il prosseguo della cronaca: l’uso del termine eresia,
la sottolineatura è di Cereghino, che sarà utilizzata dal
parroco per i successivi interventi richiesti contro i Cereghino; e l’affermazione
precisa di voler lasciare per sempre la religione cattolica.
L’attività dei Cereghino richiese alla
Tavola Valdese come dovessero comportarsi per dare vita Alla cortese attenzione
di nuova confessione e Stefano si recò presso la chiesa genovese
per le dovute presentazioni, qui avviene l’incontro con Paolo Geymonat,
pastore valdese presso la comunità genovese. Il pastore assicurò
i Cereghino di una sua visita presso la frazione di Castello per rendersi
conto di persona dei fatti e poter riferire alle autorità valdesi
a Torre Pellice.
La visita avviene il 12 novembre del 1852 quando
Geymonat giunge a Recco, dove lo attendono due della comunità dei
Cereghino che accompagneranno il Pastore alla volta di Castello. Il
cammino durò sei ore, gran tratto era in salita (29),
giunti a Castello iniziò il confronto tra il pastore Geymonat e
la comunità: il pomeriggio del sabato e tutta la domenica successiva
parlò in continuazione. Il parere di Geymonat fu positivo: gli uomini
erano convinti e decisi, le donne erano un po’ titubanti; quasi tutti erano
senza istruzione, ma tutti avevano interesse ad apprendere (30).
(27) Sunto
Storico. Opera citata. Punto 2.
(28) Sunto
Storico. Opera citata. Punto 3.
(29) Rapporto
alla Tavola Valdese. Documenti archivio storico.
(30) P. Sanfilippo.
Opera citata pag. 7.
La visita del pastore Geymonat a Castello ebbe
come effetto una dura presa di posizione del parroco; è sempre Cereghino
che racconta la successione dei fatti: il parroco denunziò i
protestanti, come maldicenti della religione dello stato; e la mattina
del 13 novembre, 10 carabinieri circondarono le umili abitazioni loro,
e ne condussero 5 in prigione a Chiavari, di cui 2 donne. Io fuggiva a
Torino, ed entrai nella scuola normale di Tore Pellice. Per 4 mesi,
soffrivano il duro carcere; ma dopo 3 giorni di caloroso dibattimento e
l’esame di 40 testimoni la sentenza liberava i poveri Cereghino (31).
La stampa e l’opinione pubblica seguirono con
attenzione gli eventi: dopo la denuncia, che richiamava il reato previsto
dal Codice Penale art. 165, l’arresto ed il successivo trasferimento presso
la prigione di Cicagna dove i detenuti passano la prima notte. Il giorno
seguente il trasferimento a Chiavari, celle della torre della Cittadella:
Andrea è rinchiuso nella parte bassa della prigione, nella cella
detta della “Botte”, senza finestre e aerazione; Agostino è rinchiuso
nella cella rialzata dove patì il gelo. Giuseppe Cereghino si ammala
ed è trasferito all’ospedale.
La querelle finisce nell’aula del Parlamento,
il 28 dicembre interviene il deputato Lorenzo Valerio che stigmatizza i
fatti di Favale: facendo catturare e sostenere nella prigione degli
assassini in Chiavari, alcuni onesti contadini, rei veri o presunti, di
avere esternato credenze anticattoliche; le dure parole sono riportate
da La Buona Novella nell’edizione del 7 gennaio 1853.
Un intervento più preciso è tenuto
dal deputato Brofferio nella seduta del Parlamento Cisalpino del 24 gennaio
1853: Mentre ho l’onore di parlarvi, s’istruisce un processo () per
alcuni infelici che in Favale tennero discorsi, per quanto si dice contrari
alla religione. Questi sono i fratelli Cereghino, da molti mesi tenuti
nel carcere di Chiavari; ed appunto quest’oggi viene la notizia di un nuovo
arresto () di una giovinetta non ancora 16 anni (avrebbe dovuto dire
18. Nota di P.Sanfilippo) per discorsi provocati dalla lettura della
Bibbia del Diodati. Le quali notizie mi fanno chiedere se noi siamo veramente
in Piemonte nel 1853 o se per avventura non viviamo sotto il Sant’Uffizio
di Roma nella notte del Medioevo (32).
(31) Sunto
Storico. Opera citata. Punto 4.
(32) Atti
del Parlamento Subalpino. vol. VI, pag. 223. Il riferimento al Piemonte
è dovuto all’appartenenza del territorio ligure alla competenza
del Parlamento Cisalpino.
Il primo processo è celebrato presso
il Tribunale di Chiavari e la sentenza è emessa il 18 febbraio 1853:
Vittoria Cereghino e Giuseppe Cereghino sono condannati rispettivamente
a sei e cinque giorni di carcere, pena applicata dopo tre mesi e mezzo
di reclusione!
La seconda udienza dibattimentale a carico
di Andrea, Agostino e Maria Cereghino, Stefano è contumace,
si tiene il 9 e 10 febbraio: principale reato aver tenuto, in più
occasioni e dinnanzi a persone, discorsi irreligiosi. Sfileranno nell’aula
del tribunale chiavarese 40 testimoni, alcuni palesemente in contraddizione,
alcuni testi ritrattarono per non spergiurare; il sindaco, autore della
denuncia, dichiarerà di non aver firmato contro i Cereghino: subito
dopo deve riconoscere la sua firma sul documento.
Quando è interrogata Maria Cereghino
si accerterà la sua età riscontrando, clamorosamente, che
è minorenne, svergognando gli accusatori. Stefano Tobia Demartini
– è riferito nella sentenza del tribunale – accusò il parroco
di mancanza di carità e soverchio zelo e con esso si lamentò
. Il collegio giudicante (33),
Giuliano Baccio Presidente, Felice Pella Laigueglia e Giacinto Borrelli
giudici, ascoltarono la difesa dell’avvocato De Barbieri che puntigliosamente
smonto il caso evidenziandone la chiara volontà persecutrice.
Dopo la lettura della sentenza tutti gli imputati
furono liberati, avevano avuto pene ampliamente inferiori al periodo di
carcere subito.
Stefano Cereghino, condannato in contumace
a due mesi, si costituì: io fui condannato a 2 mesi(); ma dopo
otto giorni di carcere,(), fui graziato, dal Re Vittorio Emanuele, e Cavour.
A Stupinigi era redatto il Decreto Reale di
condono della pena, 18 settembre 1853: Visto il ricorso a Noi sporto
da Stefano Cereghino abbiamo condonato o condoniamo, senza pagamento di
finanze al ricorrente della pena di mesi due di carcere alla quale venne
condannato dal Tribunale di Prima Cognizione di Chiavari con sentenza dell’11
marzo 1853 siccome imputato del reato previsto dall’art. 165 del Codice
Penale.
(33) P. Sanfilippo.
Opera citata pag. 11. Quanto riportato dall’autore è confermato
dal testo della sentenza pubblicata in Alla ricerca dei Cereghino...,
Il Gruppo, pag. 35.
Stefano Cereghino terminati gli studi, presso
la Scuola Normale di Torre Pellice, si univa in matrimonio con Caterina
Malan ( 22 marzo 1855- a Torre Pellice) e... il 29 marzo arrivammo felicemente
a prendere la direzione di questa Chiesa (34)
in Favale di Malvaro.
La questione con la chiesa parrocchiale di
Favale non era certamente chiusa, Don Cristoforo Repetti, nel giugno del
1853, aveva organizzato una missione predicata che si concluse con una
grande manifestazione e l’inaugurazione di una lapide votiva. A distanza
di dieci anni si perfeziona ulteriormente quell’impegno sottoscrivendone
un atto notarile rogato in Chiesa nel pomeriggio del 5 giugno 1863 (35),
il documento è firmato da 1427 voti per la maggior parte di capi
di casa. Don Repetti era certo che la strada giusta fosse questa e ribadiva:
A seguito di che i protestanti dismisero del loro impegno di sedurre la
popolazione, i parrocchiani se ne separarono letteralmente, e niuno restò
vittima e preda dell’eresia.
Nella frazione di Castello a circa un miglio
dalla sede parrocchiale continuava il culto evangelico: nella migliore
stanza di mio padre (36);
si realizzava il piccolo cimitero, il tempietto, il locale della scuola
e l’abitazione del maestro. Il 30 maggio del 1861 furono solennemente inaugurati
con la presenza delle autorità e il Pretore di Cicagna.
I Cereghino-cantastorie, si erano trovati a
vivere quest’esperienza voluta più dall’intolleranza del Parroco
che da una precisa aspirazione; i cantastorie riprenderanno la loro strada,
la loro attività di girovaghi-cantastorie sarà trasformata
in girovaghi-venditori di Bibbie.
Scrive Paolo Sanfilippo, nel suo saggio sulla
Chiesa Valdese di Favale: Agostino Cereghino fu zelante colportore per
tre anni in Lombardia, nell’Italia Centrale, in Corsica.
Per i Cereghino-cantastorie non era difficile
percorrere lunghi itinerari, lo facevano da anni era la loro attività,
ora trovavano una nuova motivazione: la fede evangelica.
(34) Sunto
Storico. Opera citata. Punto 6.
(35) Archivio
della Diocesi di Chiavari: Cristoforo Repetti, lettera in data 10 agosto
1870.
(36) Sunto
Storico. Opera citata. Punto 7.
Visitai Chiavari, ed i paesi delle sue due
riviere, Sestri Levante, Lavagna, Zoagli, Rapallo e Santa Margherita.
Evangelizzai più volte, nel 1860,
anche alla Spezia, con preti e laici; ove stetti tre mesi().
Favale, Cicagna, Lorsica, Orero, Neirone,
Cornia di Moconesi, Roccatagliata, Pannesi di Lumarzo e Coreglia, paesi
di Fontanabuona. Torriglia, Montebruno, Cassingheno, Rovegno, Ottone, Cereto,
Vezzino (Vexina-Avegno. N.d.A.), Fontanigorda, S.Stefano d’Aveto,
Borzonasca, Recco, Avegno, Testana, Uscio e Tribogna sono tutti visitati
ed evangelizzati, in 35 anni, parecchie migliaia dei 2 sessi. In questi
comuni abbiamo fratelli, sorelle aderenti ed amici di G. Cristo e della
S. Bibbia (37).
Durante quest’esperienza la loro produzione
ne risentirà notevolmente, ma non sarà mai venata da anticlericalismo,
piuttosto da forti sentimenti contro don Repetti e i parroci ingiusti.
In una loro canzone dedicata alla California
dei Parroci (38),
canto nel quale s’affronta il tema dell’emigrazione e dell’abbandono della
propria terra, si trova una chiave di lettura precisa sul loro pensiero
a riguardo dei parroci:
(37) Sunto
Storico. Opera citata. Punto 9 e 10.
(38) Collettivo
Culturale “Il Gruppo”. Opera citata pag. 130.
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