parte terza
Vagabondi. commedianti, cantastorie 
di Giorgio Getto Viarengo 
 
 
 
 

 
 
 
 

UNA NUOVA ESPERIENZA

 
I cantastorie di Favale e il loro ambito famigliare saranno i protagonisti di una nuova esperienza, questa segnerà profondamente le loro scelte culturali successive e modificherà i rapporti all’interno della collettività di Favale di Malvaro. 

Nel 1849, in Genova, Cereghino Andrea, per grazia del Signore Iddio ebbe la S. Bibbia, la portava a Favale, la leggemmo giorno e notte, con viva attenzione. La scintilla divina penetrò nei cuori dei vecchi nostri genitori, dei loro figlioli e nuore, dei numerosi nipotini, ed altri (22). 

Così inizia un documento prezioso per la ricostruzione degli eventi, si tratta di un Sunto Storico, di una memoria scritta da Stefano Cereghino il 27 luglio del 1898, a quel tempo pastore evangelico della piccola comunità protestante di Favale. 
Per le loro canzoni i Cereghino avevano bisogno di trovare qualche nuovo argomento, per cui sorse in loro il desiderio di avere una Bibbia. In quel tempo non era facile trovarla. Il loro parroco non era disposto a procurargliela (23). 

Sino a quel momento la partecipazione alla vita religiosa dei Cereghino era totale, praticanti e cantori durante le funzioni, ma con questa richiesta iniziò una contesa col parroco d’allora: il Don Cristoforo Repetti. 

Era proprio in Chiesa che maturava la loro attenzione verso i testi sacri, ascoltavano con attenzione le letture del Vangelo, del Vecchio e Nuovo Testamento, ma non potevano leggere direttamente la Bibbia, il parroco era stato categorico su questo divieto. 

Stefano Cereghino con Andrea e Giovanni, i più attivi della famiglia, si mettono tenacemente alla ricerca della Sacra Scrittura e vengono a conoscenza della disponibilità del testo a Santa Margherita Ligure; era la traduzione del Martini, ma eccessivamente costosa per loro. 

(22) Archivio Tavola Valdese. Sunto storico. Pagina uno, punto 1°. 
(23) Paolo Sanfilippo. La chiesa Evangelica Valdese di Favale (1849-1919). Edizione a cura della Federazione delle  Chiese Evangeliche in Liguria, Genova 1979. Pag. 4. 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

Nei loro percorsi avevano parlato del problema con altri sacerdoti, trovando posizioni ben diverse dal tenace parroco di Favale, ed erano stati informati della disponibilità di una Bibbia a basso prezzo presso una libreria in Piazza San Luca, a Genova. I Cereghino acquistarono così un’edizione nella traduzione del Diodati, iniziando in modo sistematico a leggere il testo nella loro casa di Castello, il parroco disse in modo perentorio di cessare le letture, i Cereghino ubbidirono. 

Questa fu una decisione presa a malincuore, non erano convinti della giustezza del provvedimento adottato da Don Repetti, iniziarono così a chiedere nuove spiegazioni ad altri sacerdoti. 

…riprese lo scontro col parroco, il quale convocò gli anziani della famiglia in Chiesa per confermare il suo assoluto divieto. 

Giobatta Cereghino si recò preso la parrocchia accompagnato dalla moglie, il dialogo con Don Repetti non fu per nulla sereno; il Cereghino manifestò la sua fermezza a non concedere quello che gli si chiedeva: giurare innanzi al crocefisso di scacciare di casa il figlio Stefano e di non permettere ma più in famiglia la lettura della Bibbia, di qualunque traduzione essa fosse (24). 

La situazione si faceva difficile, i Cereghino erano sconcertati dall’atteggiamento del sacerdote, il loro parroco e la situazione rischiavano di prendere svolte indesiderate, forse Don Repetti era esagerato: Il parroco di Favale è normalmente eccessivo ed indiscreto: esige da tutti ciò che da tutti non può ottenere, è inopportuno, caustico, provocante.. (25). 

Così scriveva il Rettore di Rapallo Stefano Zerega al Vicario capitolare della diocesi, la massima istituzione del territorio si interessava al parroco di Favale e ne raccoglieva informazioni, arrivò persino una lettera denuncia con molte firme di cittadini preoccupati per l’intransigenza del parroco accusandolo di alterazioni, scandali, tumulti, diffidenza, niun profitto spirituale, anzi il massimo danno (26). 

(24) Ibidem. Pag. 5 
(25) Archivio della Diocesi di Chiavari. Favale: lettera di Angelo Zerega, 27 ottobre 1852. Ampio studio su i carteggi relativi alla vicenda in Marco Porcella, La fatica e la Merica.  Sagep,  Genova 1986. Pag. 63-97. 
(26) Archivio Diocesi di Chiavari. Lettera esposto. Non è riportata la data, nell’opera citata di Porcella la indica presumibilmente edita nel febbraio 1847. 
 
 
 
 
 
 
 

In questo clima il problema dei Cereghino arrivò ad una svolta: nella primavera del 1852, io partiva col mio violino, ed un piccolo N. T. (Nuovo Testamento. N.d.A.) in tasca, e fatto il giro della Liguria fino a Nizza, per il colle di Tenda, penetrai in Piemonte – a Pinerolo, a Torre Pellice...Sentiva per la prima volta, la voce di un pastore evangelico; col quale la domenica 27 giugno ebbi un indimenticabile lezione evangelica (27). 

Ormai la rottura tra Cereghino e Parroco era inevitabile, si tentò un ultimo incontro in canonica durante una missione: fu fatto venire 5 barbuti e pingui cappuccini, per combattere l’eresia Valdese. Si poté avere una privata discussione in canonica, ove eravamo 9 evangelici e 12 tonsurati. Il combattimento fu energico, e durò circa 5 ore di notte la vittoria fu dei Cereghino, che lasciarono per sempre la religione papale (28). Questo passo del Sunto Storico mette in evidenza due punti fondamentali per il prosseguo della cronaca: l’uso del termine eresia, la sottolineatura è di Cereghino, che sarà utilizzata dal parroco per i successivi interventi richiesti contro i Cereghino; e l’affermazione precisa di voler lasciare per sempre la religione cattolica. 

L’attività dei Cereghino richiese alla Tavola Valdese come dovessero comportarsi per dare vita Alla cortese attenzione di nuova confessione e Stefano si recò presso la chiesa genovese per le dovute presentazioni, qui avviene l’incontro con Paolo Geymonat, pastore valdese presso la comunità genovese. Il pastore assicurò i Cereghino di una sua visita presso la frazione di Castello per rendersi conto di persona dei fatti e poter riferire alle autorità valdesi a Torre Pellice. 

La visita avviene il 12 novembre del 1852 quando Geymonat giunge a Recco, dove lo attendono due della comunità dei Cereghino che accompagneranno il Pastore alla volta di Castello. Il cammino durò sei ore, gran tratto era in salita (29), giunti a Castello iniziò il confronto tra il pastore Geymonat e la comunità: il pomeriggio del sabato e tutta la domenica successiva parlò in continuazione. Il parere di Geymonat fu positivo: gli uomini erano convinti e decisi, le donne erano un po’ titubanti; quasi tutti erano senza istruzione, ma tutti avevano interesse ad apprendere (30). 

(27) Sunto Storico. Opera citata. Punto 2. 
(28) Sunto Storico. Opera citata. Punto 3. 
(29) Rapporto alla Tavola Valdese. Documenti archivio storico. 
(30) P. Sanfilippo. Opera citata pag. 7. 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

La visita del pastore Geymonat a Castello ebbe come effetto una dura presa di posizione del parroco; è sempre Cereghino che racconta la successione dei fatti: il parroco denunziò i protestanti, come maldicenti della religione dello stato; e la mattina del 13 novembre, 10 carabinieri circondarono le umili abitazioni loro, e ne condussero 5 in prigione a Chiavari, di cui 2 donne. Io fuggiva a Torino, ed entrai nella scuola normale di Tore Pellice. Per 4 mesi, soffrivano il duro carcere; ma dopo 3 giorni di caloroso dibattimento e l’esame di 40 testimoni la sentenza liberava i poveri Cereghino (31). 

La stampa e l’opinione pubblica seguirono con attenzione gli eventi: dopo la denuncia, che richiamava il reato previsto dal Codice Penale art. 165, l’arresto ed il successivo trasferimento presso la prigione di Cicagna dove i detenuti passano la prima notte. Il giorno seguente il trasferimento a Chiavari, celle della torre della Cittadella: Andrea è rinchiuso nella parte bassa della prigione, nella cella detta della “Botte”, senza finestre e aerazione; Agostino è rinchiuso nella cella rialzata dove patì il gelo. Giuseppe Cereghino si ammala ed è trasferito all’ospedale.  

La querelle finisce nell’aula del Parlamento, il 28 dicembre interviene il deputato Lorenzo Valerio che stigmatizza i fatti di Favale: facendo catturare e sostenere nella prigione degli assassini in Chiavari, alcuni onesti contadini, rei veri o presunti, di avere esternato credenze anticattoliche; le dure parole sono riportate da La Buona Novella nell’edizione del 7 gennaio 1853. 

Un intervento più preciso è tenuto dal deputato Brofferio nella seduta del Parlamento Cisalpino del 24 gennaio 1853: Mentre ho l’onore di parlarvi, s’istruisce un processo () per alcuni infelici che in Favale tennero discorsi, per quanto si dice contrari alla religione. Questi sono i fratelli Cereghino, da molti mesi tenuti nel carcere di Chiavari; ed appunto quest’oggi viene la notizia di un nuovo arresto () di una giovinetta non ancora 16 anni (avrebbe dovuto dire 18. Nota di P.Sanfilippo) per discorsi provocati dalla lettura della Bibbia del Diodati. Le quali notizie mi fanno chiedere se noi siamo veramente in Piemonte nel 1853 o se per avventura non viviamo sotto il Sant’Uffizio di Roma nella notte del Medioevo (32). 

(31) Sunto Storico. Opera citata. Punto 4. 
(32) Atti del Parlamento Subalpino. vol. VI, pag. 223. Il riferimento al Piemonte è dovuto all’appartenenza del territorio ligure alla competenza del Parlamento Cisalpino. 
 
 
 
 
 
 
 
 

Il primo processo è celebrato presso il Tribunale di Chiavari e la sentenza è emessa il 18 febbraio 1853: Vittoria Cereghino e Giuseppe Cereghino sono condannati rispettivamente a sei e cinque giorni di carcere, pena applicata dopo tre mesi e mezzo di reclusione! 

La seconda udienza dibattimentale a carico di Andrea, Agostino e Maria Cereghino, Stefano è contumace,  si tiene il 9 e 10 febbraio: principale reato aver tenuto, in più occasioni e dinnanzi a persone, discorsi irreligiosi. Sfileranno nell’aula del tribunale chiavarese 40 testimoni, alcuni palesemente in contraddizione, alcuni testi ritrattarono per non spergiurare; il sindaco, autore della denuncia, dichiarerà di non aver firmato contro i Cereghino: subito dopo deve riconoscere la sua firma sul documento. 

Quando è interrogata Maria Cereghino si accerterà la sua età riscontrando, clamorosamente, che è minorenne, svergognando gli accusatori. Stefano Tobia Demartini – è riferito nella sentenza del tribunale – accusò il parroco di mancanza di carità e soverchio zelo e con esso si lamentò . Il collegio giudicante (33), Giuliano Baccio Presidente, Felice Pella Laigueglia e Giacinto Borrelli giudici, ascoltarono la difesa dell’avvocato De Barbieri che puntigliosamente smonto il caso evidenziandone la chiara volontà persecutrice. 

Dopo la lettura della sentenza tutti gli imputati furono liberati, avevano avuto pene ampliamente inferiori al periodo di carcere subito. 
Stefano Cereghino, condannato in contumace a due mesi, si costituì: io fui condannato a 2 mesi(); ma dopo otto giorni di carcere,(), fui graziato, dal Re Vittorio Emanuele, e Cavour. 

A Stupinigi era redatto il Decreto Reale di condono della pena, 18 settembre 1853: Visto il ricorso a Noi sporto da Stefano Cereghino abbiamo condonato o condoniamo, senza pagamento di finanze al ricorrente della pena di mesi due di carcere alla quale venne condannato dal Tribunale di Prima Cognizione di Chiavari con sentenza dell’11 marzo 1853 siccome imputato del reato previsto dall’art. 165 del Codice Penale. 

(33) P. Sanfilippo. Opera citata pag. 11. Quanto riportato dall’autore è confermato dal testo della sentenza pubblicata in Alla ricerca dei Cereghino..., Il Gruppo, pag. 35. 
 
 
 
 
 
 
 
 

Stefano Cereghino terminati gli studi, presso la Scuola Normale di Torre Pellice, si univa in matrimonio con Caterina Malan ( 22 marzo 1855- a Torre Pellice) e... il 29 marzo arrivammo felicemente a prendere la direzione di questa Chiesa (34) in Favale di Malvaro. 

La questione con la chiesa parrocchiale di Favale non era certamente chiusa, Don Cristoforo Repetti, nel giugno del 1853, aveva organizzato una missione predicata che si concluse con una grande manifestazione e l’inaugurazione di una lapide votiva. A distanza di dieci anni si perfeziona ulteriormente quell’impegno sottoscrivendone un atto notarile rogato in Chiesa nel pomeriggio del 5 giugno 1863 (35), il documento è firmato da 1427 voti per la maggior parte di capi di casa. Don Repetti era certo che la strada giusta fosse questa e ribadiva: A seguito di che i protestanti dismisero del loro impegno di sedurre la popolazione, i parrocchiani se ne separarono letteralmente, e niuno restò vittima e preda dell’eresia 

Nella frazione di Castello a circa un miglio dalla sede parrocchiale continuava il culto evangelico: nella migliore stanza di mio padre (36); si realizzava il piccolo cimitero, il tempietto, il locale della scuola e l’abitazione del maestro. Il 30 maggio del 1861 furono solennemente inaugurati con la presenza delle autorità e il Pretore di Cicagna. 

I Cereghino-cantastorie, si erano trovati a vivere quest’esperienza voluta più dall’intolleranza del Parroco che da una precisa aspirazione; i cantastorie riprenderanno la loro strada, la loro attività di girovaghi-cantastorie sarà trasformata in girovaghi-venditori di Bibbie. 

Scrive Paolo Sanfilippo, nel suo saggio sulla Chiesa Valdese di Favale: Agostino Cereghino fu zelante colportore per tre anni in Lombardia, nell’Italia Centrale, in Corsica. 

Per i Cereghino-cantastorie non era difficile percorrere lunghi itinerari, lo facevano da anni era la loro attività, ora trovavano una nuova motivazione: la fede evangelica. 

(34) Sunto Storico. Opera citata. Punto 6. 
(35) Archivio della Diocesi di Chiavari: Cristoforo Repetti, lettera in data 10 agosto 1870. 
(36) Sunto Storico. Opera citata. Punto 7. 
 
 
 
 
 
 
 

Visitai Chiavari, ed i paesi delle sue due riviere, Sestri Levante, Lavagna, Zoagli, Rapallo e Santa Margherita 

Evangelizzai più volte, nel 1860, anche alla Spezia, con preti e laici; ove stetti tre mesi() 

Favale, Cicagna, Lorsica, Orero, Neirone, Cornia di Moconesi, Roccatagliata, Pannesi di Lumarzo e Coreglia, paesi di Fontanabuona. Torriglia, Montebruno, Cassingheno, Rovegno, Ottone, Cereto, Vezzino (Vexina-Avegno. N.d.A.), Fontanigorda, S.Stefano d’Aveto, Borzonasca, Recco, Avegno, Testana, Uscio e Tribogna sono tutti visitati ed evangelizzati, in 35 anni, parecchie migliaia dei 2 sessi. In questi comuni abbiamo fratelli, sorelle aderenti ed amici di G. Cristo e della S. Bibbia (37) 

Durante quest’esperienza la loro produzione ne risentirà notevolmente, ma non sarà mai venata da anticlericalismo, piuttosto da forti sentimenti contro don Repetti e i parroci ingiusti. 

In una loro canzone dedicata alla California dei Parroci (38), canto nel quale s’affronta il tema dell’emigrazione e dell’abbandono della propria terra, si trova una chiave di lettura precisa sul loro pensiero a riguardo dei parroci:  

(37) Sunto Storico. Opera citata. Punto 9 e 10. 
(38) Collettivo Culturale “Il Gruppo”. Opera citata pag. 130. 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
        E vero che fra i parrochi  
        ghe son molti avvaruin  
        ma ghe son de quelli  
        che son ministri buin  
        che vivan giusti e retti  
        seguaci di Gesù  
        quand’han vito e vestio  
        nu van serca de ciù  

        Ho visto mi di parrochi  
        da cheù tanto pietosi  
        levase a seu strapunta  
        e dala ai bizzognosi

 
        invece fa di pransi  
        e tende a mangia ben  
        soccore i gran marotti  
        seù povei parrochien  

        Questi son religiusi  
        seguaci du segnù  
        che verso i bisognosi  
        lu gan un gran amù  
        e au giorno du giudizio  
        da dio saian premiè  
        godian u benefizio  
        per tutta eternitè

 
 

 
 
 
 
 
 

CONCLUSIONE

 

Sarebbe errato e fuorviante porre i Cereghino come dei “rivoluzionari”, anzi ponendo un parallelo tra il loro pensiero e il periodo storico nel quale vivono non si troverà mai un accenno su Garibaldi, su Mazzini, all’Unità d’Italia, alla libertà; pensieri all’epoca almeno progressisti.  

Le loro composizioni sono vergate da un forte moralismo, le donne, tendenzialmente fannullone, lascive e spendaccione obbediscano agli uomini, badino alla casa e ai figli. E’ ben vero che il povero geme e il ricco gode, ma se il povero vive onestamente sarà risarcito nell’altra vita (39) 

Il Fontanabuona siamo nel cuore dei Viva Maria e i contadini, religiosissimi, se accettano di ribellarsi lo fanno nell’unico grande valore che hanno: la loro religione.  

Questo concetto è stato ben posto da Marco Porcella nel suo saggio e, in conclusione, si comprende che l’estremismo dei Cereghino non poteva che portare ad un carattere ereticale, quella della così detta “eresia” era la loro rivoluzione. 

L’azione dei cantastorie-evangelizzatori fu portata avanti con impegno e in una delle relazioni, inviate alla Tavola di Torre Pellice, si riscontrano 112 membri aderenti alla Chiesa Valdese. 

Nel tempo l’arroganza del parroco di Favale, leggi Don Repetti, dimostrata contro la pretesa di leggere la Bibbia si stemperò e si trasformò in reciproco rispetto.  
 

(39) M. Porcella. Opera citata. Nota 18 pag. 94. 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
CONCLUSIONE
 
Abbiamo al presente ottime relazioni con i nostri compaesani e possiamo in varie delle loro famiglie parlare del soave messaggio di Cristo, così scriveva Stefano Cereghino in una lettera indirizzata alla Tavola Valdese nel 1874. 

Il 20 febbraio del 1919 si spegneva Stefano Cereghino e molti della comunità di Favale erano già partiti per l’America: Agostino, Antonio e la moglie Anna Costa, Luigi; alcuni tornarono “papisti”. 

Ciò che non era riuscito a Cristoforo Repetti, riuscì totalmente alla miseria che è –se non protagonista- certamente co-protagonista anche di questa storia e i Cereghino “diversi” dai compaesani cattolici per un certo periodo, si confusero alla fine con essi nella grande, dolorosa e speranzosa, fiumana dell’emigrazione transoceanica (40). 

La mano incerta di Stefano Cereghino ci ha lasciato il Sunto Storico più volte citato, il documento termina con un’indicazione precisa che conferma questa storia e il destino finale, uguale a tanti della Fontanabuona: l’emigrazione.  

Il dodicesimo punto del documento è davvero il punto finale della nostra storia: Le chiese di New York e di Chicago furono fondate dai fratelli e sorelle nostri. 

Proprio come una loro canzone: Ghe tanti che van in America! 

 
                                                                                                                                                Giorgio Getto Viarengo.