Colori di Provenza
di Mirna Brignole - 18 gennaio 2011 
 
 
 
« Una serata all’insegna del colore: il viola della lavanda, il verde fresco della Vaucluse, le gradazioni dal giallino all’arancione, al rosso, al viola delle ocre. Il tutto sotto il cielo terso e azzurro della Provenza. » 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

L’abbazia cistercense di Notre Dame de Senanques 
 

La chiesa è spoglia e solo la luce (Dio) deve serpeggiare all'interno. Accanto alla chiesa c'è il chiostro i cui capitelli sono ornati da motivi  vegetali tutti diversi. Dal chiostro si accede alla sala capitolare (unica stanza in cui i monaci possono parlare) formata da 6 crociere  ogivali e al calefactorium (luogo dove i monaci lavoravano). Questa, unica riscaldata, è una stanza con 4 volte a crociera con colonna centrale. I tetti dell'abbazia sono di lose, pietre a secco disposte senza armatura.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

 
 

L'abbazia di Thoronet e la sua inarrivabile acustica 
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Qui si parla di Thoronet per certificare un'acustica assolutamente fantastica. Il suono resta vivo alcuni secondi prima di svanire e permette al canto gregoriano di emanare tutta la sua forza purissima.
 

 
 
 
 
 
 
 
 
 

L’abbazia cistercense di Notre Dame de Senanques 
 

Molto simile all’Abbazia di Thoronet, vicino a Draguignan, sempre in Provenza. 

Il rilancio del monachesimo occidentale si attua sulla base di una radicale rinuncia al possesso di qualsiasi bene. E’ ciò che prescrive la Regola dei Cistercensi, il nuovo Ordine monacale che dall’originario monastero di Citeaux (1098) si diffonde rapidamente in tutta l’Europa cristiana, applicando alla lettera le prescrizioni di S. Benedetto. 

A differenza degli antichi ordini benedettini, le nuove abbazie cistercensi saranno povere, senza vetrate colorate né campanile, né costose campane: daranno l’immagine esteriore della radicale povertà monacale.  

Il monastero nasce lontano dalla città per esigenza di silenzio: necessita, infatti, fare riesame della distribuzione della ricchezza in essa, dei contrasti sociali che ne segnano la nascita e lo sviluppo, di un certo tipo di mondanità. Il lavoro rende autonomo e più libero nell'azione il convento.  

I monaci studiano e rendono operativi nuovi modelli di economia, insegnando tecniche innovative di coltivazione dei terreni, di allevamento degli animali, che si possono anche scambiare al mercato. I risultati sono così buoni che in pochi decenni i monasteri stessi divengono ragguardevoli centri di benessere e influenza. 

L’abbazia di Senanques dipende dall’Abbazia di St. Honorat di Lerins, una delle due isole di fronte a Cannes..

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

Abbazie cistercensi in Italia: “Badiadi Tiglieto (Abbazia di Santa Maria della Croce) 
 

Fondata nel 1120, fu la prima comunità cistercense al di fuori del territorio francese, e la sua storia è fatta di riconoscimenti ecclesiastici e nobiliari, che dimostrano la grande considerazione nella quale era tenuto il complesso abbaziale; considerazione che spinse i suoi monaci a fondare altre abbazie, quali quelle di Lucedio e di Staffarda. 

Nel Medioevo, i "frati di Cîteaux" svolsero anche qui un importante ruolo di sviluppo culturale ed economico; qui risiedette lo stesso San Bernardo, personaggio faro dell'evoluzione del cristianesimo in Italia ed in Europa.  

Nel 2000, dopo i notevoli restauri, hanno fatto ritorno i monaci dell’ordine cistercense. 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Abbazie cistercensi in Italia: “Principatodi Lucedio 
 
L’Abbazia di Lucedio dipendeva da quella di Tiglieto. Grazie alla sua posizione lungo la via Francigena (si trova in prov. di Vercelli, abbastanza vicino al Po), Lucedio fu motivo di scontro tra le case dinastiche italiane: i Gonzaga, i Savoia e Napoleone si alternarono nel possesso del Principato. Il Principato è tutt’ora abitato dai proprietari..
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Abbazie cistercensi in Italia: “Principatodi Lucedio 
 
 
 
 
L'Abbazia di Lucedio fu fondata nel 1123 su terreni donati dal Marchese Ranieri di Monferrato ai monaci cistercensi provenienti da La Ferté. 

I cistercensi bonificarono il territorio, introducendo attorno al '400 la coltivazione del riso.  

Nel  1822, Lucedio passò sotto il controllo del Marchese Giovanni Gozani di San Giorgio, antenato dell'attuale proprietaria, che a sua volta, nel 1861, cedette la tenuta al Marchese Raffaele de Ferrari, Duca di Galliera, cui fu concesso il titolo di Principe di Lucedio. 

Infine, nel 1937, l'intero complesso fu acquistato dal Conte Paolo Cavalli d'Olivola, padre dell'attuale proprietaria e manager la Contessa Rosetta Clara Cavalli d'Olivola Salvadori di Wiesenhoff.

 
 
 

 
 
 
 
 
 
 
 

 
Abbazia di Saint Honorat, Îles de Lerins 

Tormentata da saraceni, protetta da templari e governata da priori, l’isola di Saint Honorat davanti Cannes è stata, nel corso dei secoli, protagonista di continui scontri e punto nevralgico del movimento monastico europeo.  
L’isola è frequentata sin da tempi antichissimi, ma è con San Onorato che incomincia a divenire un luogo di culto conosciuto in tutto il mondo ecclesiastico medioevale. 
Di questo passato tumultuoso e romanzesco, restano alcuni simboli cavallereschi sparsi per l’isola e la mastodontica fortezza in mare, una tra le più singolari ed affascinanti di tutta la Francia. 
Oggi la comunità è formata da circa 25 monaci provenienti da orizzonti culturali diversi. 
Alcuni di loro praticano soprattutto la preghiera, altri invece si dedicano con passione e criterio alla coltivazione della vite. 
La regola benedettina dell’Ora et Labora è in quest’isola presa alla lettera, tanto che i monaci sono autosufficienti rispettando il motto benedettino e cistercense : “saranno veramente monaci quando vivranno del proprio lavoro”.  
Le vigne sono attestate sin dal Medio Evo, ma è dagli anni novanta che gli attuali monaci, coltivano le terre dell’isola producendo pregiati vini bianchi e rossi.
 
 

 
 
 
 
 
 
 
 

La lavanda 
 

Mentre i fiori di Lavanda attorno all’Abbazia di Senanques alla fine di giugno sono appena all’inizio della fioritura (l’Abbazia è piuttosto alta sul livello del mare) più in basso la fioritura è quasi al suo massimo.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

La lavanda 
 

E il museo della Lavanda, in un tripudio di viola ci racconta la storia più che millenaria di questo fiore dalle grandi proprietà e della sua distillazione. 

Oltre ad essere amata per le sue proprietà rinfrescanti e profumanti, Plinio il Vecchio la descrive come una delle erbe curative più utilizzate dell’epoca. Nel Medioevo veniva preparato un medicinale utilizzato per crampi intestinali, nausea, vomito e singhiozzo.  

Durante il periodo Elisabettiano la Lavanda inizia il suo periodo di gloria nel campo della profumeria, a tutti è noto il più famoso profumo inglese “The Lavender”. All’epoca, inoltre, le dame cucivano sacchetti contenenti fiori di lavanda all’interno delle loro sottane ed è da quest'usanza che ancor oggi si inseriscono sacchetti di lavanda tra la biancheria. Il beneficio di questo atto non sta solo nel lasciare un gradevole aroma sui tessuti, ma anche come sistema anti-tarme. Arrivando al XX Secolo, bisogna ringraziare la Lavanda per aver dato spunto a René Maurice Gattefossé, il padre dell’Aromaterapia moderna, ad iniziare i suoi studi sugli oli essenziali.  

Nel suo libro Aromathérapie del 1937 Gattefossé narra come durante uno dei suoi esperimenti si ustionò gravemente una mano. 
Sapendo che in medicina la lavanda veniva utilizzata per lenire le scottature e l’infiammazione, immerse immediatamente la mano in un recipiente contenente olio di lavanda che si trovava sul suo banco di lavoro. Rimase così sbalordito ed impressionato dai risultati che iniziò ad analizzare altre piante officinali e a studiarne le proprietà terapeutiche.  

Fin dai tempi antichi l’olio essenziale di lavanda è stato considerato tra i più versatili ed utili sia per gli adulti che per i bambini, per malattie che per casi d' emergenza. L’olio essenziale di Lavanda non dovrebbe mai mancare nell’armadietto dei rimedi.

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

La lavanda - proprietà 

 

  • Sedativa e riequilibrante del sistema nervoso centrale e vegetativo: si raccomanda in casi di nervosismo, nevrastenia, ipertensione, palpitazioni e, in generale, in tutti i casi di malattie psicosomatiche. Il colore stesso della Lavanda è considerato il colore del silenzio, della calma e della tranquillità. È il colore della contemplazione e della spiritualità. E’ particolarmente indicata per i bambini iperattivi o che dormono male. In questo caso, risulta molto efficace mettere alcune gocce d' essenza di lavanda sul cuscino del letto o su un fazzoletto posto vicino al viso del bambino. 
  • Digestiva: esercita un’azione antispastica e carminativa (antiflatulenta) sul condotto digestivo, e inoltre ha un effetto aperitivo, facilitando la digestione. Poiché l’essenza di lavanda possiede anche proprietà antisettiche, dà ottimi risultati in caso di coliti (infiammazioni dell’intestino crasso). 
  • Antireumatica e antinfiammatoria: applicati esternamente, l’acqua, l’olio e l’essenza di lavanda sono molto efficaci per calmare i dolori reumatici, sia d' origine articolare sia muscolare, come i dolori artrosici del collo o della schiena, l’artrite gottosa, il torcicollo, la lombaggine, la sciatica, ecc. Sono, inoltre, molto efficaci in caso di lussazioni, distorsioni, contusioni e stiramenti muscolari. 
  • Antisettica e cicatrizzante: l’infuso di lavanda si utilizza per lavare ulcere e ferite infette, poiché le aiuta a rimarginarsi rapidamente. L’olio di lavanda allevia il dolore nelle bruciature e disinfiamma le irritazioni dovute a punture d' insetti e ragni. 
  • Balsamica: l’essenza viene assunta per inalazione o vapori, per accelerare la cura di laringiti, tracheiti, bronchiti, catarro bronchiale e raffreddori
 

 
 
 
 
 
 
 
 

Village de Bories 
 

A pochi chilometri dal Museo della Lavanda un villaggio a dir poco sorprendente. Si tratta di un Museo dell’Habitat rurale. Una ventina di edifici, abitazioni, ovili o stalle di varie forme, vecchie da 2 a 5 secoli e costruite con materiali di origine locale (scisto). 
 

 
 
 
 
 
 
 
 

Village de Bories 
 

Gli edifici sono disposti intorno ad un forno da pane. Anche se sappiamo che sono state occupate fino all’inizio del XIX sec, ci sono ancora molte domande sulla loro origine e, soprattutto, sul loro utilizzo. Abitazioni permanenti o stagionali? Luogo di rifugio in periodi difficili?  

Un chef d'oeuvre architectural 

Le mot "Borie", d'origine provençale, vient du latin "boaria" - étable à boeuf -, signifiant une cahute. Le cabanon a toujours été une institution en Provence.  

D'abord construit sur les champs pour abriter les outils des paysans, il est devenu, au fil du temps, la petite maison de campagne aménagé, quelquefois de manière rudimentaire, pour passer les dimanches ou les vacances.  

La borie permettait également aux bergers de s'abriter avec leur troupeau. Pour la construire, comme le "bancau", on dépierrait les terrains calcaires. 

Il n'y avait qu'à se baisser pour ramasser. Protégée, elle alimente encore aujourd'hui le paysage provençal, se dressant ça et là dans des champs, dans la garrigue, comme un vestige patrimonial chéri et respecté. 

Il clou del viaggio organizzato per vedere la fioritura della lavanda, che si è svolto nella zona di Avignone, è stato però il Roussillon ... 

 

 
 
 
 
 
 
 
 

.                                  Roussillon ( liberamente tratto da internet ) 
 

Un giardino di rocce multicolori.
 

 
 
 
 
 
 
 
 

.                                  Roussillon ( liberamente tratto da internet ) 
 

All’imbocco del paese ci accoglie un imponente sperone d’ocra: qualsiasi ora sia, il colore sarà diverso. Qui la terra parla, e racconta molto più di quanto avremmo immaginato. È l’ocra. Una cascata minerale che attraversa tutte le gradazioni del marrone, partendo da un bruno rossastro sulla sommità e precipitando lungo il beige, il rosso, il bianco, il giallo. Per decine di metri. Creste, pinnacoli e particolari formazioni erosive graffiano questa roccia e si impongono alla vista, testimoni fieri della storia del luogo. Rari esempi ricordano altrove una simile morfologia e, soprattutto, una tale intensità e continuità cromatica.  

Sono proprio le rocce d’ocra ad avergli reso fama, ieri come oggi. Estesi giacimenti minerali presenti in questo territorio, dagli aspetti interessanti dal punto di vista scientifico ma, soprattutto, di riconosciuto pregio per le applicazioni pratiche diffuse in ogni epoca e in tutto il mondo. Se infatti quest’area – che comprende anche il vicino villaggio di Rustrel, a una quindicina di chilometri – è turisticamente nota come il Colorado Provenzale, per la forte suggestione di un ambiente indescrivibile appieno a parole – un paesaggio naturale che la consolidata tradizione estrattiva ha reso lunare, dove il suolo e la terra paiono emergere su borghi e vegetazione, sovvertendo le regole comuni del panorama – sono tuttavia le sue caratteristiche geologiche ad averne costituito la vera storia culturale. 

Questi minerali terrosi sono infatti da sempre utilizzati come pigmenti, grazie alle loro proprietà coloranti. Fra le più comuni sono degne di nota l’ocra gialla, che può essere costituita da ossido di molibdeno (molibdenite), da idrossido di ferro (limonite) o di antimonio (stibiconite), e l’ocra rossa, una varietà terrosa di ematite. Proprio queste due varietà trovano l’eccellenza a Roussillon.

 

 
 
 
 
 
 
 
 

.                                  Roussillon ( liberamente tratto da internet ) 
 

A Rustrel l’estrazione dell’ocra avveniva a cielo aperto: si diboscava il suolo, eliminando lo strato sterile, e si faceva saltare con l’esplosivo la copertura ferrugginosa; poi il terreno veniva lavato, in modo da separare il prezioso minerale dalla sabbia. L’ocra quindi veniva convogliata nei bacini di decantazione, dove asciugava al sole per assumere la consistenza giusta per la lavorazione. 

Ricordare qui a cosa sono serviti i colori nella storia dell’uomo non serve. A partire dall’arte, che vanta un ventaglio di applicazioni fin dalla preistoria, per arrivare alla massima espressione della pittura negli affreschi del Rinascimento; in quest’epoca si diffuse tra i grandi maestri la cosiddetta sanguigna, un bastoncino di ocra rossa simile a un gessetto di roccia pura, con cui Giorgione e gli altri tracciarono gli schizzi dei loro capolavori. 

Anche prima, dall’altra parte della Terra, le culture azteca e maya impiegarono grandemente l’ocra nelle diverse tonalità, e i cosiddetti pellerossa del Nord America vennero così definiti per il costume di tingersi la pelle del corpo con questo pigmento. Più di recente la xilografia e, in età moderna e contemporanea, l’arredamento con la creazione di stucchi e la colorazione del legno hanno fatto dell’ocra larghissimo uso. Fino a far coincidere il nome del minerale con il colore corrispondente, massima esaltazione semantica. 

In queste antiche miniere, che oggi ci appaiono come un modello paesaggistico di autentica bellezza, gli strati di ocra si ammucchiavano fino a raggiungere uno spessore di una quarantina di centimetri: quando il materiale assumeva la consistenza del burro, la superficie veniva rigata con una sorta di aratro a quattro punte al triplice fine di accelerare l’evaporazione, evitare la formazione di crepe e preformare i mattoni d’ocra.

 

 
 
 
 
 
 
 
 

.                                  Roussillon ( liberamente tratto da internet ) 
 

Tornando fra queste rocce e questi colori, non possiamo distrarci dal contemplare passo passo il territorio. Roussillon vanta la stessa radice etimologica del termine rosso, ma lo stesso borgo già tradisce la sua natura: le facciate delle case rispecchiano l’armonia del caleidoscopio ambientale circostante, e non un solo colore si mostra uguale ad un altro, anche perché qui la luce sembra esaltare e riflettere senza sosta un arcobaleno rivelato ed emerso, e ogni ora del giorno, o della notte, rimescola le carte. Un trompe-l’oeil a cielo aperto, che dalla semplice pittura abbraccia anche la scultura naturale, se si considerano le innumerevoli forme delle rocce, plasmate dagli agenti atmosferici tanto quanto dall’attività mineraria.
 

 
 
 
 
 
 
 
 

.                                  Roussillon ( liberamente tratto da internet ) 
 
 
 

Imperdibile una passeggiata lungo la Chaussée des Géants, quel Viale dei Giganti che si può apprezzare percorrendo un sentiero attrezzato scavato nell’ocra e che abbaglia nelle sue mutevoli sfumature del giallo, dell’arancione e del rosso scuro. Chi si è preso la briga di contarle ha definito quindici tonalità diverse: ma non c’è da fidarsi di un occhio umano, evidentemente. 

Il primo cantiere di lavaggio dell’ocra fu insediato in questa zona nel 1871. Già nel 1900, quasi 21 mila tonnellate del minerale erano prodotte da una decina di cantieri, divenuti 22 nel 1925. La fine del ciclo produttivo data al 1992. 

Fino ai primi anni del Novecento questo fu il cuore dell’area estrattiva, che continua attualmente con volumi assai ridotti. Il Museo delle Ocre e Pigmenti Applicati di Roussillon, oltre al territorio tutto da scoprire, offre al visitatore un’esauriente conoscenza della storia del luogo: è aperto tutto l’anno. 

Le ocre dunque sono lì ad aspettarci: questa terra ne racconta davvero di tutti i colori.

 

 
 
 
 
 
 
 
 

Fontaine de Vaucluse 
 

Dal caldo asciutto e polveroso del Roussillon alle care, fresche e dolci acque che Francesco Petrarca ha immortalato nei celebri versi dedicati alla sua Laura.
 

 
 
 
 
 
 
 
 

Fontaine de Vaucluse 
 

Il paese è un tipico borgo medioevale in cui era solito rifugiarsi il poeta italiano durante il suo soggiorno nella cittadina francese. Le chiare fresche e dolci acque cantate sono quelle di una sorgente della Sorgue ai piedi di una spettacolare scarpata che si trova in un boschetto ed è caratterizzata dal fatto che non se ne conosce l'origine. 

A seconda della stagione la sorgente varia notevolmente la sua portata, diventando in estate una delle più grandi sorgenti francesi.  

Fino ad adesso la sorgente è stata esplorata per circa 300 m di profondità tramite robot telecomandati ma oltre a questa profondità la galleria principale si divide in due più piccole, con la conseguenza che la pressione dell'acqua diventa troppo forte per poter permettere l'avanzamento dei robot. 

Soltanto nel 1985 è stato chiarito il mistero della sua origine: il punto più basso del sifone è infatti a -308 m di profondità. La sorgente è l'unico punto di uscita di un bacino sotterraneo di 1100 km² che recupera le acque del Monte Ventoso, dei monti di Vaucluse e della montagna di Lure.

 

 
 
 
 
 
 
 
 

Mont Ventoux 
 

E saliamo infine al Mont Ventoux da cui si gode un panorama unico.
 

 
 
 
 
 
 
 
 

Mont Ventoux 
 
 
 

Il Monte Ventoso è un massiccio montuoso della Provenza, la cui cima raggiunge i 1.912 metri s.l.m..  

Il nome sembrerebbe derivare da "vento": il Maestrale (il Mistral in francese) soffia infatti sul suo crinale sommitale con continuità e grande violenza, raggiungendo e superando spesso i 160 km/h, per poi diffondersi nella pianura sottostante, sino al mare. 

Ma un'interpretazione più moderna e approfondita assegna l'origine del nome Ventoux al lemma pregallico "ventur", poi passato nella lingua occitana, che significa "colui che si vede da lontano". Numerosi studi e testimonianze d'epoca danno ormai pieno credito a questo etimo da molti anni. 

Soprannominato dai francesi il Gigante della Provenza, è situato a 20 km in linea d'aria a nord-est di Carpentras, ed è abbastanza lontano dalle altre cime della regione.

 

 
 
 
 
 
 
 
 

Mont Ventoux 
 

Il Ventoso è stato classificato "Riserva di biosfera" dall'UNESCO, nell'ambito del progetto "MAB" (Man and Biosphere). Presenta infatti una geologia e una flora particolari, nonché una fauna assai ricca. La piana e i colli alla sua base sono rinomati per il vino (Côtes du Ventoux) e le uve da tavola.